Leggendo un articolo pubblicato da Slowfood Taburno e Valle
Caudina, mi incuriosisco nell’apprendere
di un laboratorio sul vino nel
bel mezzo della sagra della castagna. Il laboratorio si intitola “ Il castagno dalla terra al bicchiere”. Bello! …penso, ed anche …bravi a coloro che
hanno saputo individuare un punto di congiunzione fra la castagna – frutto ed
il castagno - legno che trova impiego
nella lavorazione di un altro frutto:
l’uva da cui si ottiene il buon “succo”:
vino …. è lo stravagante pensiero che ho
formulato. Partecipo!
C’è un bel borgo: “Vennerici”, uno dei più alti del comune
di Vitulano, siamo alle pendici del monte Camposauro, territorio ricco di
castagni secolari in provincia di Benevento, nonché nell’areale della Docg
Taburno. C’è un importante enologo di fama internazionale: Maurizio De Simone e
ci sono gli amici “di bicchiere”, alcuni attesi, altri incontrati per caso. C’è
la castagna, protagonista del periodo e
delle varie preparazioni culinarie. Ci
sono i vini nel Vicolo del Sommelier con gli
addetti ai lavori e poi c’è lei: l’aria, quella buona, buona perchè salubre
e buona perchè cheta, è un ”aria” che ci fa bene, ne colgo il beneficio e lo
vedo sui volti ilari e beati degli amici intorno. Ogni tanto qualche raffica di
venticello frizzantino ci ricorda che siamo a Novembre, ed anche questo è giusto!
Comincia il laboratorio:
Maurizio De Simone
ci racconta di una varietà a bacca bianca: il Bellone, allevato in piccoli
appezzamenti sparsi nei territori di Gianola, Formia e Sperlonga , di proprietà
dell’ azienda Terre Delle Ginestre a
Spigno Saturnia (LT) da cui … il vino Lentisco.
Nel 2000 comincia la sua collaborazione con l’azienda, per i primi 2 anni
produce un vino che non gli dà i risultati sperati. Poi, l’intuizione e la
svolta! Decide di vinificare in recipienti di castagno e di affinare il vino a
contatto con lo stesso legno in botte grande. Si impegna di persona nel
recupero dei recipienti interfacciando direttamente con il bottaio, anzi, fà un
lavoro che inizia dall’albero, affinchè vengano selezionate le doghe da
utilizzare specificamente per le botti, evitando il rischio che le stesse
vengano fatte con i legni destinati ai mobili, come spesso accade.
Il bellone è una varietà tendenzialmente molto ossidativa,
vinificarlo in un legno così altamente permeabile lo espone ad un grosso
rischio; c’è però in fase di
fermentazione una forza protettiva che fa da scudo, ed è l’azione dei lieviti
di “mangiare” l’ ossigeno. Nonostante ciò , Maurizio ci confida che ha estratto
un mosto color mogano! A questo punto, penso che sarebbe stato davvero bello
assistere a questa vinificazione!
Due sono le annate in degustazione:
Lentisco 2010 :
un vino giovane ma già godibile, non tanto generoso nei profumi, sorso
importante con rilascio di una bella
persistenza salina. Non percepisco nessun indizio che mi faccia pensare al
passaggio in legno, ne tanto meno penserei che potesse essere un vino di
lunghissima evoluzione.
Lentisco 2007: è
tutta un’altra cosa, il vino al naso
dona odori di spezie e lievi note iodate. Al sorso invade il cavo orale e lo
stimola con il suo pizzicore, inducendo
la salivazione. E’ un vino di grande
energia, lungo in sapori e sapidità, per niente stanco.
Voltiamo pagina e
passiamo ad un'altra storia , quella dell’ Impeto
Aglianico Igt Torre Del Pagus.
Assaggiamo l’annata 2008: …
è semplicemente BUONO! All’olfatto regala dei bei sentori di sottobosco,
si percepiscono i funghi, poi le spezie, il cacao , la liquerizia. In bocca è
sì, ruvido al palato, ma al tempo stesso, persiste il succoso…ad evitarne la
secchezza di bocca. La beva è davvero piacevole, è pronto è armonico, non
lunghissimo e non pesante nonostante la sua gradazione alcolica di 14,5%vol.
Vinificato anch’esso
in contenitore di castagno ma senza fare
affinamento nella stessa tipologia di legno, da qui l’esigenza, ci dice
Maurizio, di adoperare un recipiente che consenta tanto passaggio di ossigeno.
Altra caratteristica dell’ Impeto è
quella di essere vinificato senza
diraspare. Il raspo si sa, per l’elevato contenuto di tannini, potrebbe
conferire al vino spiacevoli caratteri di ruvidità ma… l’ingengno di Maurizio
di adoperare una “macchina pigiatrice” alquanto sgangherata che non abbia la
forza di lacerare il raspo, risolve il problema. La macchina infatti consente al raspo di
finire nel tino denudato dagli acini ed integro della sua parte vegetale.
Di seguito sono riportate alcune foto del “marchingegno”in
questione che rendono l’idea molto
meglio di qualsiasi mia spiegazione.
Le foto sono state scattate da me personalmente l’anno
scorso in occasione della “Festa dell’Impeto”, una ricorrenza annuale che
l’azienda Torre Del Pagus propone a
coloro che desiderano vedere e toccare con mano questa affascinante tecnica di
vinificazione dall’ antico sapore.
Chiudiamo il laboratorio in dolcezza degustando l’ultimo dei
lavori di Maurizio De Simone, sempre dell’ azienda Torre del Pagus, la Barbera Solfree (senza solfiti) accompagnata a due varianti di dolci alle
castagne.
…tutto molto bello, pulito e giusto…come vuole Slowfood e
non solo …
Lucia Cioffi